Sulla denunzia della Convenzione di Istanbul da parte della Turchia

Mia cara Berenice,

consentimi di usare un tono più leggero del tuo e notare come sia ironico, per Ankara, ripudiare una Convenzione firmata a Istanbul. Meglio sarebbe stato, forse, chiamarla Convenzione di Costantinopoli, se non esistesse già un trattato con quel nome: risalente al 1888, regolamenta lo statuto del Canale di Suez, e venne infatti invocato in occasione dell’omonima crisi del 1956.

Tornando alla Convenzione di Istanbul, il rammarico è comprensibile, perché si tratta di un testo completo e avanzato.

Dal punto di vista sostanziale, il trattato coniuga sintesi e analisi. Infatti, prende le mosse da una clausola generale di debita diligenza per scendere in aspetti specifici, tecnici e concreti come i rifugi, le linee telefoniche di assistenza, la tutela dei testimoni minorenni, i matrimoni forzati, la definizione di violenza sessuale, la mutilazione genitale, le molestie sessuali, il concorso e il tentativo, la causa di giustificazione dello scopo d’onore, le ordinanze restrittive, la perseguibilità d’ufficio, la prescrizione, gli atti persecutori.

Dal punto di vista procedurale, sono previsti meccanismi di monitoraggio, affidati a un Gruppo di Esperti e a un Comitato delle Parti, con il coinvolgimento del Consiglio d’Europa, sotto la cui egida è stata stipulata la Convenzione.

Mi perdonerai, tuttavia, se questo caso torna a suscitarmi un dilemma etico, giuridico e politico che vado maturando da tempo.

Ha senso che Stati come la Turchia e la Russia facciano parte del Consiglio d’Europa? Volendo, la questione potrebbe essere estesa a Polonia, Bulgaria e Ungheria, la cui prassi in materia di diritti umani, civili, politici, economici e sociali suscita perplessità sempre maggiori non solo a Strasburgo, ma anche a Bruxelles.

Le possibili risposte a questa domanda sono due.

Sì, perché quantomeno sottoponiamo questi Paesi a meccanismi di monitoraggio, talvolta anche giudiziari, e, al tempo stesso, diamo ai loro magistrati e giuristi gli strumenti per censurare le condotte di privati e Autorità.

No, perché, in questo modo, facciamo perdere credibilità al sistema del Consiglio d’Europa e offriamo a questi Stati una foglia di fico sotto la quale occultare le loro reali politiche.

Non ho la pretesa di stabilire quale delle due sia la risposta giusta.

Discutine con le tue amiche, quelle che una volta mi definirono un “genocida” in quanto non sono vegano.

Un succulento saluto.

Stan

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