Mia cara Berenice,
scusami se ti rispondo solo ora sul caso dei Duchi del Sussex, ma il fatto è che sono riuscito a visionare la loro intervista solo ieri sera.
Condivido il tuo giudizio, mi è parsa una mistura di vittimismo, tentativo di emulare la defunta Principessa del Galles e recriminazioni per il titolo reale non concesso al figlio. Un momento alto, non sufficientemente citato, è quello delle “galline salvate da un allevamento intensivo”. Anche le mie nonne, tecnicamente, salvavano le galline dagli allevamenti intensivi, tenendole nel pollaio di casa; magra salvazione, che culminava nel tirare loro il collo.
Almeno la Duchessa avesse fatto tremare l’Impero Britannico con una degna intervista.
“Il motivo per cui ci siamo fatti trasferire in Canada e poi, da lì, ci siamo rifugiati negli Stati Uniti, circondandoci di guardie del corpo private, è molto semplice: temevamo per la nostra vita”.
“E per quale motivo, cara?”
“Avevamo appreso un terribile segreto di Stato”.
“Quale segreto di Stato?”
“Fu colpa del Regno Unito se, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i segreti nucleari del Progetto Manhattan finirono nelle mani dei Servizi Segreti sovietici, consentendo a Stalin di far detonare la sua prima bomba atomica già nel 1949. Questo, combinato ai segreti missilistici sottratti dall’Armata Rossa ai nazisti, consentì all’Unione Sovietica di costruire un arsenale temibile almeno quanto quello americano”.
“E in che modo il Regno Unito potrebbe avere causato questo?”
“Vede, la bomba atomica, originariamente, era un progetto congiunto angloamericano. Poi, a un certo punto, gli Stati Uniti decisero di impossessarsene in esclusiva. Churchill, prevedendo che l’Impero Britannico rischiava di diventare un satellite americano, ordinò all’MI-6 di infiltrare il Progetto Manhattan. L’MI-6 si servì di Klaus Fuchs, un fisico tedesco che aveva lavorato per il Governo britannico”.
“Ma Fuchs era un agente sovietico!”
“Sì, era un doppio agente… e l’MI-6 lo sapeva… ma, accecato dalla smania di potere e di rivalsa, Churchill ordinò che l’operazione proseguisse comunque”.
“Ma come è venuta in possesso di un segreto del genere?”
“Una sera eravamo a cena con la Regina, il Duca di Edimburgo e altri reali. Il Duca… aveva bevuto parecchio e, davanti al caminetto, dopo che il discorso cadde su Trump, si mise a difenderlo a spada tratta, lanciandosi da lì in una tirata contro i comunisti. La Regina, imbarazzata, tentò di farlo smetterle, al che lui la aggredì: ma se è colpa del tuo Governo, le disse, se i rossi ci hanno quasi mandati tutti all’inferno! La Regina sbiancò, divenne proprio bianca come il gesso e non disse più nulla. Non l’avevo mai vista così. Quella sera, chiesi a Harry a cosa si riferisse il Duca, ma rispose di non saperne nulla. Quell’episodio, però, continuava a ossessionarmi. Non si dimentichi che io non sono solo una bella statuina: ho una laurea in Relazioni Internazionali, ho studiato in Spagna e ho lavorato all’Ambasciata americana a Buenos Aires”.
“Ma certo, cara!”
“Così, decisi di indagare… e non fu difficile, devo dire. Dovetti solo aspettare un’altra occasione in cui il Duca era brillo e… usare un po’ di fascino femminile”.
“Non dev’essere stato facile”.
“Be’… su questo preferirei non commentare. Oh, arriva Harry!”
Ah, che meraviglia sarebbe stata!
Un sospiroso saluto.
Stan