Funivie

Mia cara Berenice,

ti lamentavi delle pendenze di Roma e, a quanto pare, avevi ragione, tanto che il Comune medita di costruire una funivia per collegare Battistini e Casalotti. Battistini è un capolinea della Metro A, Casalotti… non so dove sia. Inutile ironizzare, Roma è grande e io sono privo di senso dell’orientamento; inoltre, ha una logistica così disastrata che, per esplorarla, bisogna essere veri e propri avventurieri.

L’idea del Sindaco è stata derisa, eppure una funivia non sarebbe più grottesca di tram anni ’60, metro che chiudono alle undici e mezza della sera, autobus soggetti ad autocombustione o che passano con la frequenza di Godot.

Anche a Caracas c’era la funivia, il Teleférico che collega la città al monte di El Avila. Un dislivello di oltre mille metri che ti trasporta di colpo dal soffocante clima caraibico della capitale, incassata in una conca, a uno schiettamente montano. La inaugurò, nel 1955, il Presidente generale Marcos Evangelista Pérez Jiménez, il Mussolini venezuelano, ancora rimpianto sulle reti sociali con santini in cui si ricorda che il generale ha fatto questo e quello di buono, eppure lo chiamano dittatore.

Nel 2010 ha aperto i battenti anche il Metrocable, che collega il Barrio San Agustín alla metro. Il barrio è ciò che noi comunemente chiamiamo favelas, la baraccopoli che abbraccia la città, inerpicandosi come l’edera sui costoni della valle. Nel 1999, piogge torrenziali si abbatterono su quelle dorsali incrostate di lamiera, impastando terra e case. Il numero esatto di morti rimarrà per sempre ignoto, ma è stimato in decine di migliaia.

A Venezia, ora che ci penso, una piccola monorotaia collega Piazzale Roma al Tronchetto, dove si trova uno dei principali parcheggi, con una fermata intermedia alla Stazione Marittima.

A C., poco distante da C. – perdona il bisticcio -, sorge un castello a cui si accede tramite una funicolare. Apparteneva a un Ordine monastico, ora un magnate locale l’ha acquistato e riconvertito in albergo.

Da bambino, durante le frequenti gite in montagna, preferivo la funivia alla seggiovia, che mi dava le vertigini.

Il 3 febbraio 1998, un aereo del Corpo dei Marine degli Stati Uniti decollato dalla base di Aviano, volando troppo rasente a terra, tranciò il cavo della funivia del Cermis, sulle Dolomiti, uccidendo venti persone. L’equipaggio dell’aereo, sottoposto a Corte Marziale negli Stati Uniti, venne assolto. Nuovamente processati per aver distrutto alcune prove a loro carico, i marine furono stavolta condannati a una breve pena detentiva, alla degradazione e all’espulsione dal Corpo.

Le famiglie delle vittime furono indennizzate dalle Autorità italiane. L’articolo 1 della Legge del 1999 che prevede la corresponsione degli indennizzi richiama la Convenzione di Londra, stipulata in ambito NATO nel 1951, e in particolare l’Articolo VIII della medesima. Quest’ultimo sembra prevedere che, nel caso di specie, gli Stati Uniti debbano rifondere all’Italia il 75 per cento delle riparazioni pagate, come confermato da una dichiarazione resa nel 1998 dall’allora Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick.

Un funicolare saluto.

Stan

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