Mia cara Berenice,
quando sei un piccolo Paese incuneato fra Francia e Germania, è il tuo destino essere invaso spesso, e così è stato per il Belgio.
La prima invasione, se vogliamo, fu quella del 1830-31, quando l’Olanda cercò di stroncare sul nascere l’indipendenza belga, riconosciuta solo nel 1839.
Seguirono le due occupazioni più famose, durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.
Quasi nessuno, viceversa, parla della più terribile e recente, l’invasione della quinoa. Del resto, essa si è svolta usando tecniche tipiche della Guerra Fredda, modellate sull’infiltrazione del Viet Cong a Saigon durante l’Offensiva del Tet.
La quinoa è arrivata lenta, surrettizia e strisciante. Come un esercito golpista, ha occupato i posti chiave nella Famiglia Reale, nel Governo, nel Parlamento, nell’Amministrazione, nelle comunicazioni e nelle infrastrutture in generale.
Ormai, il suo controllo del Paese è assoluto, tanto che è ormai impossibile fare tre pasti al giorno senza pagarle dazio, almeno una volta. Stasera, per esempio, è arrivata sulla mia tavola insieme al suo Quisling, l’hummus, sempre pronto a tenerle bordone.
Eppure dicono che le Fiandre pullulino di fieri nazionalisti. “Non lo domeranno mai, / l’orgoglioso leone fiammingo!” Così esordisce l’inno ufficiale delle Fiandre. “Noi non dormiremo, per quanto i papaveri crescano, / nei campi delle Fiandre,” recita il poema composto dal medico militare canadese John McCrae durante la Grande Guerra. Ebbene? Dov’è la sacra furia che questi granelli irridenti dovrebbero suscitare?
Un incendiario saluto.
Stan