Il gigante di pietra pomice

Mia cara Berenice,

posso solo immaginare fino a che punto voi impeccabili viennesi siate impietriti per quanto sta accadendo a Washington.

Come diceva Guareschi, “qui si lavora, non si fa politica”. Perciò, per quanto mi riguarda, mi limito a una domanda strettamente tecnica: come diavolo hanno fatto quei pessimi cosplay di barbari a entrare in Campidoglio?

No, nessun complotto, credo. Una certa porosità fa parte, nel bene e nel male, della storia americana.

Viene in mente Pearl Harbor, sul quale l’aviazione di marina nipponica piombò come un fulmine a ciel sereno, nonostante si sapesse benissimo che l’embargo petrolifero aveva messo l’orgoglioso Governo imperiale con le spalle al muro e che il Giappone aveva l’abitudine di attaccare senza dichiarazione di guerra, fin dai tempi dell’assalto a Port Arthur nel 1904.

Viene in mente la facilità disarmante con cui i Servizi Segreti sovietici, durante la Seconda Guerra Mondiale, infiltrarono il Progetto Manhattan, consentendo alla prima atomica russa di detonare già nel 1949.

Viene in mente il Presidente John F. Kennedy, assassinato in pieno giorno nel 1963.

Viene in mente l’Offensiva del Tet, quando intere unità militari del Vietnam del Nord e del Viet Cong spuntarono dal nulla nel cuore di Saigon, nel capodanno lunare del 1968.

Vengono in mente gli attacchi dell’11 settembre 2001, quando, oltre alle Torri Gemelle, venne rasa al suolo un’ala del Pentagono, e solo una rivolta dei passeggeri del quarto aereo impedì a quest’ultimo di proseguire la sua corsa verso la Casa Bianca.

Viene in mente la risposta convulsa e incoerente alla pandemia.

È piacevolissimo tenere una pietra pomice in mano. Soprattutto se sei cinese.

Ma’am…

Stan

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