Mia cara Berenice,
Zoc d’Albania, divenuto Presidente di quella Nazione nel 1925 e poi Re della medesima nel 1928, fu detronizzato ed esiliato dall’Italia nel 1939… no, hai ragione, quello era Zog.
“Zoc”, nella parlata delle Venezie, è il ceppo. Da leggersi con la “zeta” dolce e la “o” stretta.
I ceppi – quello inglese, quello sudafricano, sempre per restare nel Commonwealth – fanno particolarmente paura, ora che abbiamo i primi vaccini; ma fa paura anche il zoc, il ceppo veneto.
Zoc è infatti anche lo zuccone, la testa di legno, la persona a cui la natura ha negato la benedizione dell’intelligenza o la vita il beneficio dell’istruzione.
Molti anni fa, percorrevo le strade di Conegliano con zio C.
Zio ama guidare auto imponenti, come il suo carattere, e soffre particolarmente quando la sua marcia maestosa, da tranvia, viene rallentata da qualche automobilista più lento.
“Vedi?” Mi spiegò, indicandomene uno. “Così guida un zoc. Se posizioni un zoc sul sedile di guida e posi i rami sul volante, lasciandoli muovere dal vento, il risultato è identico”.
Il mio istruttore di scuola guida aveva una poetica leggermente diversa. “Quando vedi qualcuno guidare così,” borbottava, “o è un vecchio col cappello in testa, o sei tu”.
Tornando al zoc, a casa di un altro zio, stavolta di mio padre, si presentò una sera un ospite. Si scaldò al fuoco del camino e sorbì il vino che gli venne offerto, ma risultò di poche parole. La cosa è piuttosto comune, nelle Venezie, e viene anzi spesso considerata un pregio.
Evidentemente, però, il soggetto in questione aveva esagerato nel coltivare questa virtù, tanto che lo zio si girò in direzione della moglie e le disse, con intonazione significativa: “Hai un zoc da buttare sul camino?”
Uno scoppiettante saluto.
Stan