Mia cara Berenice,
si alza il sipario. Entrano Puck, Oberon e Titania.
Dita d’acqua, laghi, mute di cani, isole galleggianti, livree variopinte, capelli corvini.
“C’è una locanda, su quell’isola”.
“Ho sempre sognato andarci”.
“La Contessa dei Santi Nereo e Achilleo vi ha pernottato e la raccomanda caldamente”.
“Davvero?”
“Fu sempre lei a mostrarmi il santuario di alberi nella foresta”.
“Dove?”
“E chi può saperlo? Un santuario di alberi, fra gli alberi”.
“Cercheremo quest’estate, sapete che in questa foresta il sole non tramonta fino a mezzanotte”.
“Non avrei creduto tanto”.
“Almeno questo ti ricorda che è un bosco incantato… e che folla, in quella stagione!”
“Ecco un druido! Buon druido, del sidro!”
“Ecco a voi, signore, ma temo non potrete assaggiarlo fino alla prossima stagione”.
“Tutto è sovvertito, qui: gli astri, le stagioni”.
“Astri e stagioni procedono a braccetto”.
“Come i loppidi, mai visti tanti. Buon druido, quante ghinee per il sidro?”
“Tre, mio signore”.
“Non è caro. Eppure, sarei propenso a pagarvelo la stagione prossima, visto che, fino ad allora, non potrò berlo”.
“Suvvia, signore, non vi scaldate anche voi. Passate codesta verga sul boccale e vi porrete il sole o la luna che preferite”.
“E quante ghinee per la verga, furbone?”
“Non è mia, signore, non mi spetta vendervela. Prendetela pure, permettendolo il bosco, unico signore nostro!”
“Vi avevo mal giudicato, accettate altre due ghinee”.
“Servo vostro, come si dice nelle vostre lande”.
Ehi, sveglia! Capisco i bagordi delle feste, ma non puoi appisolarti all’inizio del primo atto! Un poco di contegno!
Un inchino.
Stan