Mia cara Berenice,
in questi giorni, la Francia ha deciso di accelerare l’iter di concessione della cittadinanza agli stranieri che hanno combattuto sul fronte della pandemia in qualità di lavoratori essenziali. L’edizione italiana dell’Huffington Post titola: “E noi, che facciamo?”
Ai sensi della Legge sulla Cittadinanza del 1992, i casi in cui lo straniero o l’apolide possono conseguire la cittadinanza italiana sono vari, ma uno dei più frequenti è fra quelli previsti all’articolo 9: straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica, tre anni se vi è nato.
Lo straniero deve conoscere la lingua italiana a un livello almeno B1, pagare un contributo di 250 euro e prestare, entro sei mesi dalla notifica del decreto di concessione, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.
Il decreto di concessione, qui sta il busillis. Esso richiede la firma del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno. Non è difficile immaginare quali possano essere i tempi: infatti, la legge stessa prevede per la conclusione del procedimento un termine di trentasei mesi. Tre anni.
In pratica, il diritto procedurale nega o almeno differisce in modo sproporzionato quando riconosciuto dal diritto sostanziale, che invece dovrebbe attuare. Un gioco dei bussolotti in cui la mano sinistra toglie quello che la mano destra ha dato.
Dispiace che il dibattito sulla concessione della cittadinanza non verta su questi aspetti tecnici, anziché sul vago concetto di jus soli. Quest’ultimo, infatti, può essere puro e temperato; se temperato, può esserlo in misura maggiore o minore. Il termine di dieci anni, previsto dalla legge per chi non è nato in Italia, può essere considerato troppo breve o troppo lungo, a seconda delle insindacabili preferenze. Il termine aggiuntivo di tre anni, viceversa, è una pura e semplice presa in giro che mina la credibilità dello Stato agli occhi del nuovo cittadino, rischiando di vanificare il giuramento di fedeltà parimenti richiesto dalla legge.
Sit verbum vestrum: est, est; non, non.
Un evangelico saluto.
Stan
Grazie per la spiegazione! Spesso su argomenti delicati come questi si sentono pareri fuorvianti e poco chiari..
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