Sulla confessione collettiva nel diritto canonico

Mia cara Berenice,

ho appreso con un certo stupore che, in occasione delle festività natalizie, certe Parrocchie offrono confessioni collettive.

Mi sono consultato con il Prof. van O. che, dopo aver conferito con un Cardinale, mi ha confermato le risultanze ottenute compulsando il Codice di Diritto Canonico, dove il sacramento della penitenza è disciplinato nel Libro IV, Parte I, Titolo IV.

Specificamente alla celebrazione del sacramento è dedicato il Capitolo I, che raggruppa i canoni da 960 a 964.

La confessione collettiva (“assoluzione a più penitenti insieme senza la previa confessione individuale […] impartita in modo generale”) è ammessa in caso di imminente pericolo di morte o di grave necessità, “ossia quando, dato il numero dei penitenti, non si ha a disposizione abbondanza di confessori per ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli entro un un tempo conveniente, sicché i penitenti, senza loro colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della sacra comunione; però la necessità non si considera sufficiente quando non possono essere a disposizione dei confessori, per la sola ragione di una grave affluenza di penitenti, quale può aversi in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio”.

Sulla prima fattispecie, nulla da dire. Tutti abbiamo visto, in qualche film, il sacerdote assolvere collettivamente dai loro peccati i passeggeri di una nave che affonda o una schiera di soldati prima della battaglia.

Quella che viene qui in considerazione è la seconda ipotesi, che richiede comunque l’autorizzazione del Vescovo.

D’altronde, la confessione collettiva è quella che certi giuristi definirebbero una “fattispecie a formazione progressiva”. Infatti, “affinché un fedele usufruisca validamente della assoluzione sacramentale impartita simultaneamente a più persone, si richiede che non solo sia ben disposto, ma insieme faccia il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non può confessare […] colui al quale sono rimessi i peccati gravi mediante l’assoluzione generale, si accosti quanto prima, offrendosene l’occasione, alla confessione individuale, prima che abbia a ricevere un’altra assoluzione generale, a meno che non sopraggiunga una giusta causa”.

Le disposizioni del Codice sono, dunque, assai rigorose. Qualche legittimo interrogativo si pone sulla concreta prassi applicativa.

Poco dopo, infatti, si dispone che le confessioni si ricevano esclusivamente nel confessionale, “se non per giusta causa”. Ora, secondo la mia personale esperienza, ormai il confessionale si usa solo nei film, fatta eccezione per le Penitenzierie di certe grandi chiese o conventi.

Nella cattolicissima Vienna, come funzionano le cose?

Un contrito saluto.

Stan

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