Mia cara Berenice,
ancora una volta, il caso riguardante un dottorando scuote i rapporti fra Italia ed Egitto.
Nel 2016, la morte di Giulio Regeni; oggi, l’arresto di Patrick Zaki.
Nonostante le sostanziali analogie, giuridicamente i due casi sono molti diversi: Regeni era un cittadino italiano, dottorando dell’Università di Cambridge; Zaki è un cittadino egiziano, dottorando dell’Università di Bologna.
L’Italia è legittimata a intervenire anche nel secondo caso? In punto di diritto, la risposta è no.
Gli istituti giuridici che vengono in considerazione, in casi simili, sono la protezione diplomatica e consolare.
Il Dipartimento federale degli affari esteri svizzero li distingue in quanto lo Stato agisce nel primo caso in nome proprio, nel secondo a nome del cittadino.
Per la protezione diplomatica, si fa riferimento alla Bozza di articoli approvata dalla Commissione per il Diritto Internazionale delle Nazioni Unite nel 2006; per la protezione consolare, alla Convenzione di Vienna del 1963.
Nella pratica, i confini fra protezione diplomatica e consolare diventano sfumati.
In base alla Convenzione di Vienna, il console ha diritto di essere avvertito dell’arresto di un suo cittadino e di fargli visita in carcere, ma questo sarà strumentale anche alla protezione diplomatica.
Quest’ultima, a sua volta, beneficerà anche il cittadino. Infatti, se l’arresto costituisce una violazione del diritto internazionale, lo Stato che l’ha effettuato sarà tenuto a interrompere tale violazione, come previsto dall’analoga Bozza di articoli sulla responsabilità internazionale: quindi, in pratica, dovrà rilasciare l’arrestato.
Non a caso, l’articolo 20 della Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea non distingue fra i due istituiti, stabilendo che i cittadini europei abbiano “il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”.
Allo stesso modo, protezione diplomatica e consolare sono accomunate anche nei presupposti: occorre che la persona interessata sia un cittadino dello Stato che esercita la protezione. Si può poi discutere – e si è discusso – di doppia cittadinanza, cittadinanza di comodo e nazionalità delle persone giuridiche; ma il principio di base resta fermo.
Esso può sembrare anacronistico, dato che ormai il diritto internazionale tutela i diritti umani a prescindere dalla nazionalità – o dalla condizione di apolide – dell’individuo. Tuttavia la Corte Internazionale di Giustizia, nel caso Barcelona Traction, ha statuito che il nesso fra cittadinanza e protezione diplomatica permane, al netto di diverse disposizioni nei trattati internazionali in vigore fra i due Stati interessati. Certo, erano i primi anni ’70…
Un togato saluto.
Stan