Mia cara Berenice,
oggi, dal profilo Facebook della mia Parrocchia nelle Venezie, un giovane cappellano si appellava ai fedeli perché votassero, su Internet, l’esibizione canora di alcuni giovani cattoliche che, in Sudamerica, dall’altra parte del mondo, contendevano un premio musicale a rivali protestanti – si specificava – sorrette da potenti appoggi e finanziamenti.
Quando ero in Venezuela, sentivo le stesse lamentele sugli evangelici nordamericani che spuntavano ovunque come la gramigna, moderni successori dei missionari nelle colonie o degli emissari della United Fruit nel cortile dello Zio Sam.
Del resto, il cattolicesimo dei venezualani mi parve parecchio tiepido e non certo sodo dottrinalmente, come si addice all’area geografica in cui sono nati la teologia della liberazione e l’attuale Pontefice (risatine compiaciute dell’uditorio più conservatore).
Il fatto è che la politica e la società sudamericane sono così complesse, che perfino la Chiesa sbanda e fatica a orientarsi.
Mentre in Europa si combatteva, senza tentennamenti ed esitazioni, una battaglia frontale contro il comunismo, in America Latina si esitava, ci si ritraeva. Difficilmente i regimi foraggiati dalla CIA venivano sostenuti toto corde dalle gerarchie ecclesiastiche e, anzi, a El Salvador l’Arcivescovo Óscar Romero si guadagnava la santità facendosi martizzare dalle pallottole dell’estrema destra.
Tutto lodevolissimo, ovviamente: la ripugnanza per i caudillo dalle uniformi militari insanguinate, la consapevolezza delle tragiche disuguaglianze sociali.
Resta che, in assenza di idee chiare, perfino la Chiesa Cattolica diventa un gigante dai piedi d’argilla.
Hallelujah, sister!
Stan