Mia cara Berenice,
oggi, a coronamento di un delizioso pasto, mi è stata offerta una cheesecake. Ti direi “una fetta di cheesecake”, ma “qualche fetta” sarebbe più vicino alla realtà.
A ogni modo, le prime cheesecake che mangiai erano quelle preparate con un kit della Cameo, composto – se ben ricordo – da una base di pasta frolla e qualche polverina da aggiungere allo yogurt. All’epoca, ancora fanciullo, le trovai deliziose, forse perché erano una novità così rara nella mia infanzia campagnola.
A quei tempi, il dolce più esotico era il tiramisù, di cui si contendono i natali Veneto e Friuli. Preparato con un giorno d’anticipo, per far amalgamare gli ingredienti. Se era destinato a molti commensali, ad esempio nel caso di una sagra, si stendevano gli strati di crema al mascarpone e biscotti imbevuti nel caffè direttamente su un tavolone, da caricare poi su un camion frigo.
Le nonne nemmeno si spingevano a tanto, limitandosi per lo più a qualche crostata, cui si aggiungevano crostoli, frittelle e castagnole durante il Carnevale e pinza per l’Epifania. In generale, e con l’eccezione appunto di queste ricorrenze, il dolce casalingo non andava per la maggiore. Quando c’era da festeggiare, si montava sull’utilitaria e si raggiungeva la città, precisamente il centro storico; là, in qualche storica e autorevole pasticceria, si acquistavano torte o vassoi di pasticcini.
Oggi, non c’è quasi pizzeria che non offra, in aggiunta al tiramisù, alla panna cotta e alla crema catalana, una cheesecake con frutti di bosco, cioccolato o Nutella. In compenso, è scomparso il kit per la preparazione.
Un saluto dolciastro.
Stan