Mia cara Berenice,
Roma è in lutto, giustamente, per la morte del grande attore Luigi Proietti, universalmente noto come Gigi.
Peccato che non si riesca a cremarlo, per colpa del virus.
Peccato che ieri, complice il bel tempo non infrequente in novembre (la cosiddetta “estate di San Martino”), la folla si sia riversata in via del Corso e sul Litorale Laziale, così come a Napoli si faceva vita sociale sul Lungomare, mentre, negli ospedali, si somministrava l’ossigeno ai malati nei parcheggi.
Giusto, dicevo, piangere Gigi Proietti. Occorrerebbe però ricordare come egli, ne “La Tosca” (Italia, 1973), cantasse: “Chi se fa pecorone / Er lupo se lo magna”.
Appunto, non è tanto l’uscire di casa, quanto il riversarsi tutti negli stessi luoghi: come un gregge di pecore, e non quello della mitica immunità.
Forse ti sembro troppo duro, proprio nel giorno in cui la Pfizer annuncia l’altrettanto mitico vaccino, facendo schizzare l’umore e gli indici di borsa.
Ebbene, non abbiamo ancora in canna una pallottola d’argento. Anche se ce l’avessimo, sarebbe solo una ragione in più per stare doppiamente attenti, come i soldati che, sentendo avvicinarsi la fine della guerra, sono colti da un rinnovato terrore per la loro incolumità, quale non ne provavano da quando erano reclute e novellini.
Un militaresco saluto, con tanto di sbatter di tacchi.
Stan