Mia cara Berenice,
non so in Austria, ma in Italia la pandemia ha riportato in auge parole che sembrano dimenticate, come “assembramenti” e “ristori”.
Gli assembramenti in luoghi pubblici sono disciplinati dal Capo I del Titolo II del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, emanato con Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773.
All’interno del Capo, gli articoli 22 e 23 recitano: “Quando, nei casi preveduti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico o aperto al pubblico, le persone riunite od assembrate sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri reali. Qualora l’invito rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba”.
Per quanto riguarda il ristoro, la Corte Costituzionale ha da tempo statuito che l’indennizzo corrisposto al proprietario di un bene espropriato per pubblica utilità “non può essere fissato in una misura irrisoria o meramente simbolica ma deve rappresentare un serio ristoro”.
Durante le gare sportive, il punto di ristoro è quello in cui gli atleti possono ricevere cibo, acqua e bibite. Più raramente, con ristoro si indica un bar, di solito interno a una struttura più ampia.
Un anacronistico saluto.
Stan