Mia cara Berenice,
sono seduto al tavolino del ristorante e mi chiedo: perché non mi servono il caffè che ho ordinato un quarto d’ora fa?
Per te i camerieri correvano, si scapicollavano, facevano valere le gerarchie interne per servirti.
Non protestavano nemmeno quando ordinavi il cappuccino con la pizza.
Ricordi quando io celiai che mi vergognavo di te e avrei lasciato il tavolo? Ebbene, il titolare, venuto personalmente a prendere la comanda, mormorò a fior di labbra: “Vai pure”.
Se l’Imperatore avesse potuto reclutarti come spia durante la Grande Guerra, non avreste mai perso a Vittorio Veneto.
Te la ricordi, Vittorio Veneto? Ti mostrai il monumento ai caduti, sulla piazza. A quasi un secolo dalla battaglia, la città si abbarbica alle sue glorie militari, con una base aerea scrostata e un comando NATO irto di antenne.
Se tu bussassi a quelle cancellate arrugginite, sono certo che le sentinelle ti farebbero entrare senza problemi. Dubito, del resto, che quelle mura custodiscano ancora scottanti segreti militari.
Indossa il tuo abito migliore e riconquisterete il Lombardo-Veneto in un lampo.
Dopotutto, nelle campagne delle Venezie, ci sono ancora anziani che rimpiangono l’efficiente Amministrazione austriaca.
Un saluto dalla tua devota quinta colonna.
Stan
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