11 settembre 2020

Mia cara Berenice,

oggi ricorre il diciannovesimo anniversario degli attacchi contro le Torri Gemelle e il Pentagono, senza dimenticare il quarto aereo precipitato in Pennsylvania.

Piangiamo i morti e la barbarie, ma non senza un empito di speranza per il futuro, non fosse altro perché le rituali previsioni di sventura formulate dalla solite prefiche e fattucchiere, in quell’occasione, non si sono avverate.

Non è esplosa alcuna guerra di civiltà fra Occidente e Islam, i diritti civili non sono stati aboliti, New York non è morta e nemmeno l’industria aeronautica – anche se, per quest’ultima, sopravvivere all’attuale batosta sarà molto più difficile. Sulla stampa si inizia, anzi, a parlare della rinascita della Grande Mela e della nostra Milano.

Sarà dura, anche in questo caso, ma non dimentichiamo che Milano, nel 1162, venne letteralmente rasa al suolo per ordine dell’Imperatore Federico Barbarossa. Fondata addirittura nel VI secolo a.C., la città è ancora qui e, come nei tempi antichi il Vescovo ambrosiano era più potente del Papa, così il Sindaco Giuseppe Sala osa oggi sollevare pubbliche riserve sul lavoro agile, dogma intoccabile quanto quelli del Concilio di Trento.

In prima pagina sull’edizione italiana dell’Huffington Post è giusto comparso un articolo di Gianni Del Vecchio secondo cui le metropoli, abbandonate dai professionisti di mezza età, verrebbero ripopolate di giovani, studenti e non. Personalmente, su questa tesi sono un tantino scettico, ma almeno non è il solito presagio di catastrofe.

In settembre, Roma si sta almeno in parte ripopolando, per la semplicissima ragione che non tutti possono lavorare da remoto e ancora meno per cinque giorni su cinque. Temo anzi che l’apertura delle scuole, da molti Istituti rinviata al 24 corrente mese, inneschi un caos perfino eccessivo.

Per quanto riguarda i giovani… perché dovrebbero venire in città? Solo per fare vita universitaria? Per lavorare? I prezzi degli immobili sono notoriamente vischiosi e in città non sono poi precipitati così drasticamente, almeno per il momento.

Uno speranzoso saluto.

Stan

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