Le scale del Ministero

Mia cara Berenice,

al Ministero dell’Istruzione, all’omonimo Palazzo in Trastevere, il mio ufficio si trova al terzo piano, esattamente sopra il piano nobile del Ministro che sarebbe il secondo. Per amor di completezza, occorre aggiungere che un’ala del piano terra ospita anche l’Ufficio e il Gabinetto del Ministro dell’Università e della Ricerca.

Fino all’inizio di quest’anno, vi era un unico Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. L’utenza era abituata al musicale acronimo MIUR e lo cantava dalle Alpi alla Sicilia: poco importa che si trattasse, nella generalità dei casi, di un carmen famosum. Poi venne un brutale decreto d’emergenza del Governo a strapparci dal seno la componente che la Costituzione definisce “di alta cultura”: “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato” (articolo 33).

Tornando però all’architettura o alla geografia del Ministero, funziona così. Ogni mattina attraverso i cancelli, un operatore della Croce Rossa mi prende la temperatura, timbro, svolto a destra, proseguo ai piedi dello scalone d’onore che, secondo lo storico di Palazzo, venne appositamente costruito affinché i postulanti arrivassero senza fiato e dignità al cospetto del Ministro o del Sottosegretario.

Giungo così alle porte del dominio, dell’enclave del Ministero dell’Università e della Ricerca, delimitata da un videocitofono e vezzose tende appese per l’occasione. Proseguo svoltando a sinistra, costeggiando la bacheca dove mi pare tempo fa fosse esposto il Codice di Condotta.

A quel punto, ho due alternative: l’ascensore o dodici rampe di scale. Ebbene sì, hai capito bene: dodici: quattro per piano. Il Palazzo dell’Istruzione è infatti enorme, vertiginoso, di un’altra epoca, con soffitti altissimi e stanzoni enormi.

Pochi edifici trasudano così vistosamente la loro inadeguatezza al mondo post pandemico, d’altronde parliamo di un palazzo eretto all’alba del XX secolo. Il Duce, che lo inaugurò, era preoccupato della poltroneria dei funzionari pubblici, non certo del loro bilanciamento vita-lavoro.

Tornando al me stesso ai piedi delle scale, gli è inevitabile gettare uno sguardo all’ascensore, scintillante nella sua teca di vetro come il pezzo più pregiato di un museo.

Che pericolo potrà mai esserci?

Innanzitutto, il vano è piuttosto ampio. I nuovi ascensori, in corrispondenza delle quattro scale (A, B, C e D), li fece installare il Ministro della XIV Legislatura, in sostituzione dei claustrofobici equivalenti ancora operanti in qualche vano riposto dei muri. Una scelta obbligata, data l’età media del personale: o così o ammassare tutti al piano terra o assumere dei portantini.

Soprattutto, chi potrebbe mai aver infettato l’interno? Siamo in pieno agosto, due terzi del personale è in ferie e, del rimanente, solo alcune Direzioni Generali hanno richiamato il cinquanta per cento.

Poi uno fa mente locale alla quantità e qualità di ciò che ha mangiato in ferie e infila mestamente le scale. Per quanto, secondo la moderna bilancia del mio albergo, io abbia perso mezzo chilo e, peraltro, la mia alimentazione non si sia fatta molto più ordinata al rientro a Roma: a causa di vicissitudini varie, solo oggi pomeriggio riuscirò a fare la spesa. Siamo già dipendenti dal lavoro agile, senza non sappiamo più organizzarci.

Un soleggiato saluto.

Stan

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