Mia cara Berenice,
ebbene sì, confesso.
Confesso in ginocchio, il capo raso e cosparso di cenere, battendomi il petto.
Sto lavorando in treno con il portatile.
Sono la réclame del dannato lavoro agile.
Incarno l’aspetto positivo della pandemia, l’Uomo Nuovo Sovietico che abbraccia il cambiamento.
Tra poco acquisterò un monopattino elettrico e mi darò all’esplorazione dei piccoli borghi (staycation).
Coltiverò un orto urbano in giardino – al quale, effettivamente, un po’ di manutenzione in più farebbe un gran bene.
Andrò a Ostia a carezzare il dorso dei delfini.
La cosa più terribile? Che finirà proprio così.
Come scriveva il grande Poeta, “di me medesmo meco mi vergogno”.
Un rassegnato saluto.
Stan