Mia cara Berenice,
ieri sera sono stato a un enorme ristorante del quartiere – il tipo di locale che io soprannomino “macchina da guerra” o “mangiatoia per famiglie” – che offre, il martedì sera, la promozione carne.
Funziona così.
Si entra.
Ci si disinfetta le mani.
La cassiera ti misura la temperatura con un tablet. Resetta il tablet finché la temperatura non consente il tuo accesso.
Il cameriere ti fa accomodare.
Tu gli comunichi che aderisci alla promozione carne.
Il cameriere ti porta un primo piatto di carne.
Un secondo piatto di carne.
Un terzo piatto di carne.
Infine ti chiede se vuoi un quarto piatto di carne.
Vedo che stai già diventando verde per la nausea. Eppure, nel Nord Italia da cui vengo io, la carne è il piatto per eccellenza. Nessun pasto solenne è completo senza un pietanza di maiale, pollame, selvaggina o simili.
La mia nonna materna, poi, era incapace di non servire carne in tavola almeno una volta al giorno. Magari era un’abitudine malsana e poco sostenibile, ma era anche la memoria di tempi non così lontani in cui, nelle campagne venete, la dieta era quasi monopolizzata dalla polenta e il piatto forte un miraggio riservato alle festività solenni: il Natale, la Pasqua, un battesimo, un matrimonio.
In Veneto, non c’è sagra o festa paesana che non offra l’accoppiata di salsicce con polenta abbrustolita, il tutto cotto alla piastra, e la domenica o il giorno del patrono lo “spiedo gigante su prenotazione”. È quest’ultimo una macchina infernale che fa ruotare per ore e ore sulle braci, infilzati in barre d’acciaio, pezzi di pollo e maiale strizzati fra tocchi di lardo e foglie di salvia. Un ulteriore pezzo di lardo, infilato sulla punta di un bastone metallico, viene fatto periodicamente scorrere sulle barre rotanti, in modo da colare sulla carne: è la “conza”. Conclusa la lunghissima cottura, i bruniti asteroidi vengono serviti con patatine fritte, fagioli e cipolle.
Questo in pianura, e nemmeno in tutta. Salendo le pendici delle Alpi ci si imbatte nel “pastin”, una salsiccia speziata aperta a metà e schiacciata sulla piastra; il risultato è un hamburger ricurvo, spesso servito con il pane.
Non fare così la schizzinosa, in Austria la carne non manca di certo.
Un grasso saluto.
Stan