Mia cara Berenice,
in “Sono pazzo di Iris Blond” (Italia, 1996), Bruxelles viene definita, piuttosto fantasiosamente, “una città di passioni che covano sotto la cenere”. Chiunque l’abbia visitata sarà piuttosto scettico e non ravviserà nella capitale belga altra passione che quella – discutibile – per patatine fritte e cozze.
Eppure, se si conosce la storia del Belgio, il quadro cambia sottilmente; anzi, brutalmente. Più che uno Stato, una faglia tellurica, un ingranaggio sbilenco di Vallonia francofona e Fiandre rotanti intorno Bruxelles, una sorta di città franca internazionale resa ancora più tale dalla presenza delle Istituzioni europee e, per giunta, essa stessa mosaico negligente di quartieri, fra cui il famigerato Molenbeek.
Fra il 2007 e il 2011 una lunghissima crisi politica che ha dilatato i poteri dell’allora Re Alberto II… già, i Re dei Belgi. Vogliamo parlarne?
Leopoldo II che colonizzò brutalmente il Congo in modo indipendente dal suo Governo, come un feudo personale.
Leopoldo III, così pronto ad arrendersi alla Germania nazista da essere sconfessato dal Governo in esilio di Londra, costretto ad abdicare nel 1951.
Il Principe Laurent, perseguitato dagli scandali.
Re Baldovino, temporaneamente sospeso dalle sue funzioni nel 1990 per essersi rifiutato di promulgare la prima legge belga che liberalizzava l’aborto.
Solo quest’anno, l’ex Re Alberto II è stato costretto a riconoscere una figlia illegittima, mentre il Principe Gioacchino avrebbe contratto il coronavirus a una festa tenutasi in Spagna, dove si era recato ufficialmente per ragioni di lavoro.
Insomma, monarchia irrequieta preposta a Paese irrequieto.
Ne verrebbe fuori un discreto libro giallo o thriller. Un agente fiammingo della Sûreté, messo ai margini per insabbiare il suo inascoltato allarme su Molenbeek, viene spedito a indagare sull’indipendentismo eversivo nelle Fiandre, più nella speranza di comprometterlo che per altro.
Anziché fare il viaggio a vuoto che si attendevano i suoi superiori, il nostro eroe scopre una colossale cospirazione che coinvolge l’algida Capo di Gabinetto del Presidente della Commissione, intenzionata a soffiare sul fuoco per smembrare il Belgio e trasformare Bruxelles in una città internazionale, amministrata direttamente dall’Istituzione europea. Dalla sua la donna ha i servizi segreti francesi e i loro appetiti annessionisti sulla Vallonia.
Naturalmente, finisce male. Il protagonista, accusato di diffamazione dei vertici nazionali ed europei, viene spedito in missione ONU nel Congo. Lo vediamo immergersi nella devastazione del Paese africano in cui è esplosa l’ennesima guerra civile, mentre il lettore è lasciato a interrogarsi sulla sopravvivenza del Belgio.
Il titolo potrebbe essere “Tangeri”, l’antica città internazionale, un saggio sulla quale campeggia sulla scrivania di vetro e acciaio della Capo di Gabinetto al Berlaymont. La quarta di copertina del romanzo, riportando la recensione di un insigne critico, sottolineerebbe come “la vera protagonista del romanzo sia proprio Bruxelles, di cui l’Autore traccia, con pennellate d’arte moderna, un quadro astratto, cubista, inquietante nella sua poliedrica mancanza di identità eppure, forse proprio per questo, dal fascino quasi morboso”.
Un pomposo saluto.
Stan