Videoclip estivo adolescenziale

Mia cara Berenice,

il caldo che gli esperti ci preannunciano infernale e terribile – ebbene sì, a virologi ed epidemiologi si sono affiancati meteorologi e climatologi, in una terrificante falange macedone – per il momento ci grazia ancora e, attraverso le finestre aperte e il giardino, spira un delizioso vento fresco.

Io mi immagino nei panni di una ragazzetta, vestita di abiti stazzonati e alternativi che tentano invano di mimetizzarne la beltà, inerpicarmi sul limone del giardino – che pessima idea sarebbe, dato che, nonostante gli sforzi di potatori e giardinieri, è infestato dalla fumaggine: qualcuno che sia stato fra quelle fronde, nemmeno il Covid Hospital lo vorrebbe…

Comunque, la ragazzetta si issa in cima al limone, distende le braccia magrissime e fragili come ramoscelli e si abbandona al vento, sorridendo fino a trasformare gli zigomi in punte di lancia eburnee. Sullo sfondo parte una musichetta, ma con pretese di profondità. In quel momento, lo spettatore capisce che la ragazzetta ha imparato, almeno per un istante, a fluttuare sulla tempesta emotiva dei suoi sedici anni.

Ti vedo perplessa di fronte a questa mia opera registica; eppure il film, te lo posso assicurare, farà faville al botteghino. Forse ti chiedi perché la produzione abbia affidato proprio a me la direzione. Evidentemente ti sei persa l’intervista a Rai 3 in cui parlo della mia “regressione adolescenziale”.

Secondo gli esperti – ancora loro – è una conseguenza diffusa della quarantena. Alcuni non vogliono più uscire di casa, nemmeno in Fase 2. Altri, come me, diventano irrequieti e non vorrebbero mai rientrarci. Vorrei correre lungo una spiaggia sventolando un giubbetto di jeans, come in qualche agghiacciante videoclip estivo.

Ecco di nuovo la ragazzetta scatenarsi, affondando i piedi nudi sulla spiaggia bagnata. Indossa dei leggeri abiti sportivi sopra il bikini. È evidente l’impegno profuso dai costumisti per dare alla giovane attrice un aspetto casual e innocente, ma comunque sexy. Ubriaca per la corsa che conclude scompostamente, piroettando, arriva nelle viscere scure e umide di un pontile, dove un ragazzo più o meno suo coetaneo la bacia appassionatamente contro un palo eroso dalla salsedine.

Cosa potrebbe interferire con una storia d’amore così naturale e tenera, mi chiedo? La fine dell’estate? Una differenza di classe sociale? Una perfida amica o ex? L’equivoco di un apparente bacio, strappato a lui o a lei intorno a un falò sulla spiaggia?

Alla fine, comunque, tutto si aggiusterà. Ecco il ragazzo, con quei suoi adorabili ricci che sembrano quasi naturali, impugnare una brioche gonfia di gelato, affondare l’indice nella farcia alla vaniglia e, con quel fiocco di neve bianco, imbrattare scherzosamente il nasino di lei, sul bistrot del pontile, al tramonto.

Ribadisco, mia cara, che questa tua perplessità così ostentata mi sembra fuori luogo. Redime te captum quam queas minimo. Se hai un attacco di regressione adolescenziale, cerca almeno di ricavarne un buon blockbuster.

Un ciak e un saluto.

Stan

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