Mia cara Berenice,
in una mia precedente avevo riflettuto sui rapporti fra città e campagna, ma questi giorni difficili hanno riportato una rinnovata attenzione anche a quelli fra centro e periferia nell’allocazione dei poteri statuali.
Dico “rinnovata” perché – come del resto nel caso della campagna – il tema non è affatto nuovo, almeno in Europa. In Italia, le Regioni sono la pista di un balletto costituzionale che prosegue dalla Prima Repubblica, tra riforme e controriforme. In Spagna, la caduta del franchismo ha riportato in auge antichissime autonomie locali, senza peraltro sopire l’indipendentismo basco e soprattutto catalano. In Belgio, Vallonia e Fiandre sembrano due calamite di polo uguale. La Gran Bretagna viviseziona la Union Jack e si è riscoperta Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord.
Di federalismo si parlava molto anche alla mia Facoltà di Giurisprudenza, dove peraltro, a causa dell’influenza della dottrina cattolica, si preferiva parlare di sussidiarietà. So che al solo leggere “dottrina cattolica” arriccerai il nasino, eppure proprio gli eventi di questi giorni riscattano quanto mi è stato insegnato in quegli anni.
I teorici della sussidiarietà, infatti, ne distinguono due tipologie, orizzontale e verticale. La seconda è quella più vicina al concetto classico di federalismo e postula l’allocazione del potere decisionale al livello territoriale più vicino possibile al cittadino. Ne è un’estrinsecazione l’articolo 118, I comma della Costituzione italiana: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.
La sussidiarietà orizzontale, invece, postula che l’autorità pubblica non avochi a sé funzioni che possono adeguatamente essere svolte dai privati. Essa si fa risalire alla celebre enciclica “Rerum Novarum”, promulgata da Papa Leone XIII nel 1891.
“Grazie tante!” Scatterai tu. “Una bella invenzione dei preti che volevano tenersi le scuole, gli ospedali, il dopolavoro e chissà che altro!” In parte potresti aver ragione, ma personalmente resto convinto che autonomia orizzontale e verticale vadano a braccetto. Vedi quanto è forte la componente individualistica negli Stati Uniti, forse l’unico Paese veramente federale al mondo. La vediamo espressa in forme spesso aliene a noi europei, come la diffidenza verso lo stato sociale, la strenua difesa del II Emendamento o le attuali proteste contro le misure restrittive adottate dopo la pandemia, ma non si può negarne l’esistenza.
Tornando in Europa, come ha inciso la prelodata pandemia?
Direi che abbiamo un rivincita della costituzione materiale su quella formale. In Paesi federali come Gran Bretagna, Spagna e Germania, l’approccio sembra piuttosto centralizzato, mentre la napoleonica Francia vorrebbe articolarlo per Dipartimenti. L’Italia cerca di mantenersi fedele a una tradizione di sostanziale accentramento, ma i Governatori delle Regioni dimostrano un’autonomia vistosa e crescente, forti delle loro competenze in materia sanitaria, e lo stesso Governo di Roma sembra aperto a una transizione verso riaperture differenziate per territorio.
Credo sarà del resto inevitabile, in quanto la situazione sanitaria delle diverse Regioni è estremamente eterogenea.
Un caro saluto.
Stan