Mia cara,
rammenti il giardino?
Vi si accede dalla portafinestra del soggiorno, ha forma rettangolare ed è interamente piastrellato. All’angolo superiore destro – dalla prospettiva di chi vi accede – si alza l’albero di limoni, mentre lo spazio residuo è occupato da chincaglieria varia, due piccole aiuole e un tavolino con quattro sedie, sul quale uso consumare il pranzo.
Spiaggiata sulle piastrelle calde, ultimamente, c’è una giovane sirena, languidamente sdraiata, ma dallo sguardo fermo come ciottoli sul greto di un fiume. Non porta ridicoli reggiseni fatti di conchiglie, per cui presumo sia nuda, ma il seno non è visibile; è come se il sole le si riverberasse in modo anomalo sul petto, creando un effetto sfocatura. Mi fissa tra il seducente e l’ironico, invitandomi imperiosamente a uscire.
Apro la portafinestra e, lentamente, azzardo qualche lento passo in giardino, succube e come in trance. Con un cenno della mano destra posata sulla coda, ella mi induce ad alzare lo sguardo al cielo azzurrissimo – oh, il cielo di Roma ha pochi paragoni. Alla mia sinistra, il terrazzo dei vicini straborda di piante verdi e ben curate, in netto contrasto con la botanica di guerra imperante nel giardino. Di fronte a me, la facciata delle scuole elementari. Alla mia destra, una teoria di palazzi e terrazzini. Alle spalle del limone, il tricolore issato dal vicino che il vento spinge regolarmente dalla mia parte del muro divisorio.
A quel punto, del tutto stordito, tento di attaccare bottone, ma ella mi guarda inarcando impercettibilmente le sopracciglia, come una ragazza abbordata in modo particolarmente goffo. Per conservare un barlume di dignità, scavalco la pinna e vado ad accomodarmi sulla sedia a sdraio alle sue spalle, affettando in modo poco credibile calma virilità e indifferenza.
Soffocando un risolino al mio tentativo, ella si sdraia nel senso opposto e mi inchioda lì con lo sguardo, come un condannato di fronte al plotone d’esecuzione. È una lotta silenziosa in cui soccombo quasi sempre. Non riesco a leggere il libro che ho in grembo né a ripararmi dal sole; al massimo getto qualche sguardo allo schermo del cellulare, ma mi sento quegli occhi neri addosso e desisto.
Prima o poi dovrò prendere il coraggio a due mani e farle un discorsetto. Se vuole che possa farle qualche regalo decente o portarla fuori dopo la quarantena, dovrà adattarsi a diventare una più banale fidanzata ambiziosa, spingermi a incrementare lo studio per i concorsi o il volume delle traduzioni. La crisi economica cammina mano nella mano con quella sanitaria e comunque, alla lunga, nessun rapporto può basarsi solo sugli sguardi sensuali: occorre concretezza.
Temo peraltro che tutto ciò non le interessi.
Magari puoi suggerirmi tu quali argomenti usare, da donna a donna.
Un trasognato saluto.
Stan