Mia cara Berenice,
in tema di brunch, la massima autorità – come in molti campi, del resto – sono i Simpson, secondo cui “non è esattamente una colazione, non è esattamente un pranzo, e si conclude con una fetta di melone. È un buon pasto, anche se non ti portano tutto quello che avresti a colazione”.
Ora che sono arrivate le belle giornate, è tentante apparecchiare in giardino e, per darsi un tono, ribattezzare “brunch” il pranzo, anche se di fatto mi sveglio relativamente – relativamente – presto. Il brunch di ieri consisteva di salmone norvegese, formaggio spalmabile al posto del burro – non per mancanza di quest’ultimo, ma per approssimativi scrupoli salutisti – e frutta; il piatto forte era rappresentato da un cornetto, non ne mangiavo da un sacco di tempo.
Non ne ero un forte consumatore nemmeno prima della quarantena, ho la cattiva abitudine di saltare la colazione; tuttavia, in questo peculiare contesto, quella doratura arrotondata assurgeva a riaffermazione di vita ordinaria e identità italica. Quest’ultima frase, ti prego di declamarla in tono da cinegiornale.
Sempre per restare nel solco dell’Istituto LUCE, io e il cornetto abbiamo stipulato un armistizio, accantonando le acrimonie. Non credere sia stato facile, certi rapporti deteriorati sono difficili da ricomporre, anche provvisoriamente.
La stipula, non a caso, ha richiesto due tentativi. La settimana scorsa mi sono recato in panificio e, dopo aver ordinato una gran quantità di pizza bianca in sostituzione del pane esaurito (era piuttosto tardi), ho aggiunto un cornetto. La commessa, tradita forse dal mio accento nordico, forse dalla comprensibile pressione che grava su chi lavora negli alimentari, evidentemente non ha sentito e, tornato a casa, la beffa: niente cornetto.
Prima ancora, ho durato fatica a procurarmi la preziosa merce quando mi ero appena trasferito a Roma, a causa di un equivoco lessicale. Da straniero qual ero, chiedevo una brioche e il barista o il pasticcere mi fissava stranito.
In compenso, ieri l’agognata pace è stata fruttuosa. Dopo un paio di bocconi, mi è venuta l’idea di spezzare in due la pasta fragrante e ho constatato che non c’era ripieno. La cosa era prevedibile, in quanto i panifici sono incoraggiati dall’Autorità a restare il più possibile aderenti alla loro licenza e ai beni di prima necessità: ad esempio, possono vendere solo pizza rossa, cioè senza mozzarella.
Nulla di male, anzi tanto di guadagnato. Il cornetto vuoto è un valore aggiunto, se lo consumi a casa e hai a portata di mano un barattolo di marmellata. Puoi letteralmente inondare la pasta, anziché accontentarti di un cuore dolce che batte, spesso assai debolmente, in qualche punto del torace da forno.
Mangeremo insieme una fetta di Sacher a Vienna, e allora questo strazio sarà davvero finito.
Un zuccheroso saluto.
Stan
Un pensiero su “Onorevole, italico armistizio”