Ritorno a Venezia

Mia cara Berenice,

per la durata della quarantena, ho adottato il fermo proposito di non polemizzare.

Tuttavia oggi, sulla prima pagina dell’edizione italiana dell’Huffington Post, mi sono ritrovato un’intervista al Prof. Massimo Cacciari in cui sono così perfettamente riprodotti diversi sassolini che da tempo mi ballano nelle scarpe, da indurmi a riportartela, tenendo così formalmente fede al mio voto.

In buona sostanza, il Prof. Cacciari esprime i seguenti concetti, validi e imperituri per me come le Tavole delle Legge mosaiche.

  1. La casa non è un luogo di rifugio, il ritorno al focolare domestico, ai lari e ai penati, ma “in queste condizioni… un inferno”.
  2. Fare magniloquenti previsioni sulla nuova società che, come l’araba fenice, risorgerà dalla pandemia è “un vizio da intellettuali alla moda”, un autocompiacersi di essere “i primi esegeti di una svolta epocale”.
  3. La globalizzazione cambierà, ma nel senso di diventare maggiormente a trazione cinese.
  4. L’Unione Europea è un vaso di coccio sballottato fra i vasi di ferro di grandi Potenze come Stati Uniti, Russia, India, Cina. In particolare, i Paesi Bassi sono uno “Stato semi canaglia”. Non chiedermi perché o cosa c’entri: è un addendum prezioso.
  5. Coloro che esultano per il ritorno dei delfini nella Laguna di Venezia sono “teste di cazzo” (sic).

Vi sarebbero in questo forziere altre perle che ometto, per tema di violare la legge sul diritto d’autore.

Cacciari è, appunto, veneziano ed è probabilmente il più noto filosofo italiano vivente; di Venezia è stato anche sindaco.

Quando lavoravo al Governatorato, mi capitava di incrociarlo in Piazzale Roma, quel limbo che è l’unica parte di Venezia su cui circolano auto, bus e tram. Sul Piazzale incombe un enorme parcheggio multipiano, cui fanno corona altri parcheggi più piccoli. Una monorotaia lo collega al porto. È cucito al resto della città da una cerniera di ponti, i più notevoli dei quali sono il Ponte della Libertà e il Ponte della Costituzione o di Calatrava.

Costruito sotto il fascismo, il Ponte della Libertà è andato a completare un ponte ferroviario edificato dai tuoi compatrioti. Prima del completamento di quest’ultimo nel XIX secolo, Venezia non era affatto collegata alla Terraferma. Il ponte è percorribile su strada o su via ferrata.

Aperto solo nel 2008, il Ponte di Calatrava collega il Piazzale alla Fondamenta Santa Lucia, su cui sorge la sede del Governatorato dove lavoravo, e, proseguendo, all’omonima stazione. Progettato dal celebre architetto Santiago Calatrava, è stato oggetto di polemiche e liti giudiziarie per motivi estetici e di funzionalità.

Degni di nota, infine, sono i Tre Ponti che, convergendo in un unico punto, collegano il Piazzale a diverse fondamenta.

Dimenticavo, la fondamenta è un tratto di strada che costeggia un canale o un rio. La toponomastica veneziana, come puoi immaginare, è del tutto particolare. La città è divisa in sei sestieri: Cannaregio, Santa Croce, San Polo, San Marco, Castello, Dorsoduro e Giudecca.

Un indirizzo veneziano si compone del sestiere e del numero civico, che segue appunto il sestiere e non la calle. Con questo sistema, i numeri civici sono altissimi e disposti in modo imperscrutabile. Francamente, se si deve raggiungere un punto di Venezia, avere l’indirizzo non è di grande utilità. Ai miei tempi, nemmeno GMaps era molto attendibile, ora pare sia migliorato.

Comunque, percorrendo la Strada Nuova, l’arteria pedonale principale di Venezia, a un certo punto ci si imbatte in Campo Santa Fosca, dove sorge la statua a Paolo Sarpi. A questo giurista, grande difensore della sovranità veneziana sul Mar Adriatico, sono particolarmente affezionato per averlo citato nella mia tesi di dottorato.

È dunque là, accanto a quella statua, che io edificherei il monumento al Prof. Cacciari.

Spero di poterti portare, un giorno, a Venezia. L’hai già visitata, ma mi piacerebbe comunque condurti nei miei luoghi del cuore, come il Ghetto.

Incrociamo le dita, un caro saluto.

Stan

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