Mia cara Berenice,
nella mia ultima accennavo alla riannessione di Taiwan, di cui molto rimpiango, incidentalmente, il nome coloniale di Formosa.
Come sai, la Cina considera Taiwan una propria Provincia, ragion per cui Taipei non ha quasi più relazioni diplomatiche. Un’eccezione significativa è proprio Roma. La Repubblica Italiana non riconosce più la Repubblica Cinese – nome ufficiale di Taiwan -, ma la Santa Sede sì. Passeggiando lungo via della Conciliazione, è pertanto possibile vedere la storica bandiera della Repubblica sventolare dall’Ambasciata di Taiwan: una visione indubbiamente suggestiva, anche se non paragonabile a quella della bandiera dell’Impero Qing, con il dragone su sfondo giallo.
Il 14 marzo 2005, il X Congresso Popolare Nazionale cinese ha approvato la Legge Anti-Secessione, di cui riporto alcuni stralci particolarmente significativi.
Articolo 2 – Al mondo c’è solo una Cina. La terraferma e Taiwan appartengono a una sola Cina. La sovranità e l’integrità territoriale della Cina non tollerano divisioni. Salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale della Cina è obbligo comune di tutto il popolo cinese, compresi i compatrioti di Taiwan.
Taiwan fa parte della Cina. Lo Stato non consentirà mai alle forze secessioniste indipendentiste taiwanesi di compiere la secessione di Taiwan dalla Cina a qualunque titolo e con qualunque mezzo.
Articolo 3 – La questione taiwanese è un residuato della guerra civile cinese della fine degli anni ’40.
Risolvere la questione taiwanese e conseguire la riunificazione nazionale è un affare interno della Cina che non ammette interferenze da forze esterne.
Articolo 4 – Compiere la grande impresa di riunificare la Patria è sacro dovere di tutto il popolo cinese, compresi i compatrioti di Taiwan.
Articolo 8 – Qualora le forze secessioniste indipendentiste taiwanesi agiscano, a qualunque titolo e con qualunque mezzo, per determinare la secessione di Taiwan dalla Cina o si verifichino incidenti gravi implicanti la secessione di Taiwan dalla Cina o si esauriscano completamente le possibilità di riunificazione pacifica, lo Stato impiega i mezzi non pacifici e le altre misure necessarie per proteggere la sovranità e integrità territoriale della Cina.
Il Consiglio di Stato e la Commissione Militare Centrale deliberano e danno attuazione ai mezzi non pacifici e alle altre misure necessarie previste dal precedente comma e riferiscono senza ritardo alla Commissione Permanente del Congresso Popolare Nazionale.
È proprio il caso di dire, secondo il brocardo: lex jubet, non suadet.
Ogni tanto, accarezzo l’idea di scrivere un romanzo sulla riannessione di Taiwan da parte della Cina, qualcosa di simile a “La mossa del Drago” dell’inossidabile Tom Clancy. Nel romanzo di Clancy, ovviamente, la Cina perde, nel mio l’epilogo sarebbe diverso.
Si intitolerebbe “Il tridente” o qualcosa del genere, perché l’attacco cinese assumerebbe tre forme: finanziaria, informatica e militare.
Assumendo che la Cina riesca – come sta tentando di fare – a rinforzare la sua marina, quest’ultima verrebbe utilizzata per imporre un blocco navale a Taiwan, naturalmente considerato dalla Cina una mera operazione di polizia interna.
Gli Stati Uniti risponderebbero schierando in forze la loro flotta, ancora nettamente superiore. Tuttavia, le navi cinesi potrebbero contare sull’appoggio di prossimità del loro esercito e aviazione, con gran spiegamento di cacciabombardieri e missili antinave.
A titolo dimostrativo, le forze armate cinesi si esibiscono in atti provocatori e intimidatori, simili a quelli attribuiti da Clancy agli Stati Uniti in “Caccia a Ottobre Rosso”, quando la flotta russa si riversa nell’Atlantico. Stormi di aerei cinesi che lambiscono le navi americane, missili lanciati a vuoto non solo nell’oceano, ma anche in orbita, per dimostrare che la Cina potrebbe abbattere i satelliti americani.
Contemporaneamente, il sistema finanziario cinese comincia a vendere titoli e titoli di Stato americani, mentre anonimi attacchi informatici danneggiano l’infrastruttura militare e civile degli Stati Uniti e, più blandamente, dei loro alleati.
La quarta gamba dell’offensiva è diplomatica, con la Russia che appoggia senza riserve Pechino, compiendo minacciose manovre militari a ridosso dell’Europa e mobilitandosi anche in Siberia e a Vladivostok. In questo si potrebbe valorizzare l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai che ho sempre trovato pittoresca, con quello stemma in caratteri cinesi e cirillici. Infine, Pechino offre a Taipei condizioni oltremodo generose: amnistia totale e l’applicazione della formula “Un Paese, due sistemi”, come a Hong Kong.
Il tutto, alla fine, si risolve in una dimostrazione di forza, come nella crisi dei missili di Cuba negli anni ’60. Taiwan, dopo mesi di stallo e faticose trattative sottobanco, cede. Gli Stati Uniti si ritirano, ufficialmente per rispettare la volontà del popolo taiwanese, ma è chiaro che la loro egemonia mondiale è finita… per il momento, perché la Casa Bianca e l’opinione pubblica reagiscono molto male allo smacco e sembrano imboccare una strada revanscista.
Fammi sapere che te ne pare.
Un saluto dalla Commissione Militare Centrale.
Stan
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